Licenziamenti: mancato ripescaggio senza reintegrazione (29 Settembre)

Se il licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo si fonda su una ragione realmente esistente, ma il datore di lavoro non rispetta il cosiddetto obbligo di repechage (ripescaggio), non spetta la reintegrazione sul posto di lavoro, ma ricorre una delle ipotesi in cui si applica il regime indennitario previsto dall'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, introdotto dalla legge 92/2012. Così si è espresso il tribunale di Varese, con un'ordinanza del 2 settembre scorso, mediante la quale è stato deciso il giudizio di impugnazione del licenziamento intimato da un'impresa per la cessazione di un contratto di appalto avente ad oggetto un servizio di portierato.

L'azienda licenziava il dipendente addetto allo svolgimento del servizio di portierato sostenendo che non c'erano posizioni disponibili presso gli altri appalti in corso.

Il lavoratore contestava la legittimità del licenziamento e, in particolare, lamentava il mancato rispetto da parte dell'impresa dell'obbligo di repechage.

Il tribunale di Varese considera pacifica la sussistenza del motivo posto a fondamento del recesso (la cessazione dell'appalto), mentre ritiene che l'azienda non abbia adeguatamente provato il rispetto dell'obbligo di repechage.

A fronte di queste conclusione, il tribunale si interroga sul regime sanzionatorio da applicare alla vicenda, alla luce delle regole contenute nel nuovo articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

A tale riguardo, osserva il giudice, che il mancato rispetto dell'obbligo di repechage esula dal concetto di «fatto posto a fondamento del licenziamento», condizione prevista dal nuovo regime sanzionatorio per applicare la reintegrazione sul posto di lavoro.

In tale ipotesi, secondo l'ordinanza, il giudice deve quindi applicare la regola per cui il licenziamento privo di giustificazione deve essere sanzionato solo sul piano economico, mediante il pagamento di un'indennità risarcitoria di importo variabile tra le 12 e le 24 mensilità.

Considerato che l'azienda, seppure tardivamente, aveva proposto al dipendente una nuova collocazione lavorativa, il giudice ritiene opportuno quantificare l'indennità nella misura minima di 12 mensilità. Nessuna conseguenza, invece, si verifica per il rapporto di lavoro, che non si ripristina nonostante il recesso sia risultato illegittimo, e viene dichiarato risolto dal giudice.

Dopo la legge Fornero, ecco cosa dice in breve la norma in proposito.

In base all'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, così come modificato dalla legge 92/2012, a fronte di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il mancato rispetto dell'obbligo di repechage da parte dell'azienda rende illegittimo il licenziamento stesso, ma il dipendente non ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro. Se il datore di lavoro non ha verificato la possibilità di impiegarlo in un'altra posizione, il licenziato ha diritto solo a un'indennità risarcitoria di importo compreso tra le 12 e le 24 mensilità.