La scelta del genitore con cui vivere

 

La Corte di Cassazione, con sentenza numero 7773 del 17 maggio 2012, ha sancito un importante principio, la cui applicazione trova spazio nel rapporto tra genitori separati e affidamento dei figli. La Suprema Corte, infatti, conferisce rilevanza alla dichiarazione di un adolescente che esprime il desiderio di voler vivere con un genitore piuttosto che con l’altro.

Tuttavia, da questo rilevante principio di diritto, non deriva un’assoluta libertà di scelta del minore, in quanto resta pur sempre in capo al giudice il potere di discostare la sua valutazione dalla scelta del giovane.

Tutto ciò purché la decisione del giudice, ovviamente sempre orientata a realizzare l’interesse della prole, sia sempre motivata. Nell’assegnazione del minore, infatti, viene in primo luogo in rilievo l’interesse (morale e materiale) del minore. 

Il giudice, dunque, è tenuto ad ascoltare, durante il processo, ciò che ha da dire il minore e deve tenere conto delle sue dichiarazioni e dei suoi interessi, purché sia dotato di discernimento.

A tal fine, per quanto concerne l’età a partire dalla quale poterli o doverli ascoltare, è molto dibattuta, si parte dal presupposto che, dopo il compimento dei 12 anni, i minori devono essere ascoltati: al di sotto di quella età, occorre esaminare la singola vicenda, ed è comunque decisione del giudice se udirli o meno.

I criteri seguiti dai Tribunali e dai periti nominati (di norma psicologi) per l’affidamento dei figli ad uno dei due genitori (o per l’affidamento congiunto) sono molti.

O, comunque, dovrebbero essere molti!

Alcuni dei quali imprescindibili, quali: la disponibilità all’accudimento dei figli; la solidarietà con il minore e la capacità di riconoscerne i bisogni e le esigenze; l’età dei bambini; la necessità di non separare mai i fratelli; la garanzia di rimanere nell’ambiente abituale; la considerazione della possibilità per il  genitore affidatario di essere aiutato  nella gestione dei figli da parte di parenti (nonni, zii); la considerazione e presa di coscienza della presenza di un nuovo partner per uno dei due genitori; l’analisi di strumentalizzazioni e manipolazioni da parte di uno dei due genitori; la disponibilità da parte del genitore affidatario alla bi-genitorialità; l’analisi comportamentale e quindi psichica dei genitori, la loro maturità, la loro sicurezza.

A volte, tuttavia, può succedere che siano i genitori o uno di essi a voler interrogare e quindi costringere il figlio ad una decisione, scelta che il povero ragazzo dovrà fare innanzi ad un giudice.

In questo caso, la scelta “dovuta o obbligata” è un vero atto di egoismo e terrorismo, in quanto il genitore costringe e quindi violenta il figlio nel prendere una decisione forzata che peserà sulla sua psiche ed il suo animo, in quanto scegliere e preferire un genitore all’altro non è semplice ed indifferente.

Non in questi casi dove non esiste un reale interesse del minore ad effettuare una scelta. In molti casi, per fortuna i ragazzi che sono dotati di sensibilità e coraggio, o si rifiutano, oppure, nel momento in cui vengono interrogati in Tribunale, si dissociano e prendono una posizione imparziale, super partes, dimostrando una maturità superiore rispetto al genitore che li ha gravati di questo onere. Rimettono così la decisione al Giudice o chi per essi, evitando di sbilanciarsi e creare incomprensioni, dispiaceri e dolori.

Paradossale ma vero: sono i ragazzi a tutelare e preservare la serenità dei genitori, assumendo un ruolo imparziale, proprio a differenza del genitore che, invece, utilitaristicamente e subdolamente li ha voluti coinvolgere nella speranza di essere scelti e preferiti all’altro genitore ed usufruire così di netti vantaggi quali l’assegnazione della casa o l’assegno di mantenimento.

Da sottolineare che, in questi casi, per lo più il genitore “insensibile” è il padre, il quale, a fronte del vantaggio o della preferenza della scelta e dell’identificazione della madre come assegnataria della prole, cercano con questo espediente di sovvertire il provvedimento o di convalidarlo a loro favore.

A loro favore, non certo nell’interesse dei figli, i quali ancora una volta si rivelano solo un facile e comodo strumento.