Redditometro “bocciato” dal Tribunale di Pozzuoli
Per accertare se un cittadino è evasore fiscale, lo Stato è autorizzato a sapere tutto di lui e della sua famiglia attraverso il controllo di ogni spesa effettuata?
Per il governo uscente la risposta è sì, ma per la giustizia qualsiasi attività della pubblica amministrazione non può mai violare il rispetto della privacy di ogni contribuente.
Ed è per questo motivo che giovedì, dal Tribunale di Pozzuoli, è stata emessa un’ordinanza (già esecutiva) destinata ad avere clamorose ripercussioni a livello nazionale sulla materia tributaria.
Il giudice unico Antonio Lepre ha infatti accolto il ricorso cautelare presentato il 12 febbraio (nei termini d’urgenza previsti dall’ex articolo 700 del codice di procedura civile) da F.G., un 68enne pensionato puteolano residente a Quarto.
Attraverso il suo legale di fiducia (l’avvocato civilista Roberto Buonanno), il cittadino in questione ha chiesto al Tribunale di intimare all’Agenzia delle Entrate di non essere sottoposto ad alcun accertamento fiscale attraverso lo strumento del “redditometro”, in quanto “vista l’ampiezza dei dati previsti dal regolamento del decreto ministeriale numero 65468 del 24 dicembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 3 del 4 gennaio 2013, l’Agenzia delle Entrate verrebbe a conoscenza di ogni singolo aspetto della propria vita quotidiana, ledendo non già la sola riservatezza ma la stessa libertà individuale come potenzialità di autodeterminazione” e aggiungendo che “in particolare, l’assenza di limiti di tempo consentirebbe all’Agenzia delle Entrate di costituire un archivio definitivo e periodicamente aggiornato di ogni singola scelta del contribuente”.
Una materia dunque delicatissima, su cui finora nessun giudice era stato chiamato a decidere, ma che aveva già animato il dibattito nell’opinione pubblica, giacchè il “redditometro” (che entrerà in vigore dal mese prossimo con i primi controlli sulle dichiarazioni dei redditi percepiti nel 2009) analizza tutte le spese del contribuente e, sulla base di alcuni parametri Istat, stabilisce se in base al reddito dichiarato e a quello “complessivo accertabile” desunto dall’Agenzia dell’Entrate, le spese sostenute siano coerenti con il reddito: in caso contrario, spetterà al contribuente dimostrare di non essere un evasore.
Ebbene, il giudice Antonio Lepre, con un’ordinanza di nove pagine, non solo ha dato pienamente ragione a questo cittadino (ordinando all’Agenzia delle Entrate di “non intraprendere” nei suoi confronti “alcuna ricognizione, archiviazione o comunque attività di conoscenza e utilizzo dei dati” relativi all’articolo di legge che riguarda la rettifica della dichiarazione dei redditi, di “cessare, ove iniziata, ogni attività di accesso, analisi, raccolta dati di ogni genere relativi alla posizione del ricorrente” e di “comunicare formalmente” al cittadino in questione “se è in atto un’attività di raccolta dati nei suoi confronti ai fini dell’applicazione del redditometro e, in caso positivo, di distruggere tutti i relativi archivi previa specifica informazione alla parte ricorrente”) ma è anche entrato nel merito del “redditometro”, stabilendo che questo strumento di verifica fiscale è illegittimo, crea potenziali discriminazioni tra contribuenti e, per giunta, non è nemmeno utile a raggiungere l’obiettivo per il quale è stato creato.
Una “bocciatura” in piena regola, dunque.
Le motivazioni dell’ordinanza (che, comunque, benchè abbia già efficacia, potrà ancora essere impugnata dall’Avvocatura dello Stato, controparte del cittadino nel procedimento) sono davvero molto interessanti e, oltre a rappresentare un precedente giurisprudenziale di rilevantissima portata (basti pensare che, da oggi in poi, tutti i contribuenti italiani, sulla base di questa decisione, possono presentare un ricorso del genere con ottime possibilità di successo) potrebbero avere anche importanti ripercussioni legislative sull’eventuale modifica o addirittura abolizione di questa modalità di verifica fiscale.
Il giudice Lepre, nel suo provvedimento, si richiama infatti innanzitutto agli articoli 7 e 8 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea <
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Poi, il giudice entra nel merito del decreto ministeriale che ha istituito il “redditometro”.
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Non solo: secondo il giudice Lepre, all’Agenzia delle Entrate, attraverso il “redditometro”, viene conferito <
Ancora, nella stessa ordinanza si legge che il “redditometro” <
E non è certo finita qui.
Per il giudice Lepre, il “redditometro” non è nemmeno utile allo scopo per cui è stato creato e, addirittura, favorirebbe i benestanti a discapito di chi ha minori disponibilità economiche.
Questo sistema di accertamento fiscale, si legge infatti nell’ordinanza, <
Il giudice Lepre sottolinea anche che il decreto ministeriale che ha istituito il “redditometro” <
Per questo motivo, secondo il giudice Lepre, il decreto ministeriale che ha istituito il “redditometro” <
E, infine, il giudice Lepre sottolinea anche un altro aspetto molto delicato della vicenda.
E cioè il ruolo dell’Agenzia delle Entrate nell’ambito di questo strumento di verifica fiscale.
Secondo il magistrato firmatario dell’ordinanza, infatti, il “redditometro” <<è in contrasto con i principi fondamentali di imparzialità, buon andamento dell’amministrazione, nonchè (…) dei principi di leale collaborazione procedimentale (…) in quanto il diritto al contraddittorio assicurato al contribuente è in gran parte svuotato di effettività>> perché <
La conclusione del giudice Lepre è che il “redditometro” <
Si tratta dunque di un’ordinanza che analizza a 360° tutte le sfaccettature del decreto ministeriale impugnato dal cittadino flegreo che si è visto riconosciute le proprie ragioni.
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Da Pozzuoli, dunque, nasce un vero e proprio baluardo a difesa della libertà dei cittadini come diritto preminente rispetto a qualsiasi prerogativa della pubblica amministrazione.
Al Governo che nascerà sulla base del voto che esprimeremo tra domani e lunedì, spetterà il compito di dimostrare a tutti i contribuenti, con atti concreti, se lo Stato, per stanare gli evasori fiscali, vuole cambiare rotta oppure ha davvero intenzione di andare avanti a colpi di violazione della privacy.
(da “Il Corriere Flegreo” del 23 febbraio 2013)