“Cari politici, dateci un lavoro invece dell’elemosina!”
Un aiuto per 250 famiglie puteolane scelte dai Servizi Sociali tra quelle che, secondo alcuni criteri prestabiliti, presentano il maggior grado di povertà. E’ il Banco Alimentare, il progetto a cui da maggio a dicembre (agosto escluso, come se nel mese in corso gli indigenti non avessero bisogno di mangiare…) il Municipio ha aderito con l’approvazione della delibera di Giunta numero 43 del 19 aprile scorso.
In pratica, versando un contributo totale di 10.500 euro (5,71 mensili per ogni famiglia), il Comune fornisce a questi sfortunati cittadini la possibilità di ritirare gratuitamente ogni mese (presso le sedi di alcune associazioni che si sono rese disponibili ad offrire questo servizio) un pacco con un certo quantitativo di generi alimentari derivati dalle eccedenze di produzione o di magazzino.
Un’intenzione sicuramente lodevole, così come è qualsiasi azione di solidarietà concreta nei confronti di chi non può contare su alcuna fonte di sostentamento.
Ma tra coloro che usufruiscono di questo sostegno, c’è anche chi ritiene che si dovrebbe fare molto di più.
A parlare, tra le lacrime, è un disoccupato iscritto al progetto del Comune.
“Voi non avete idea di come sia umiliante per un padre di famiglia che ha perso il lavoro e non riesce a trovare un’altra occupazione, mettersi in fila ogni mese per ritirare il pacco alimentare –ci dice il nostro interlocutore chiedendo di mantenere l’anonimato- Già sarebbe molto meno mortificante la consegna della spesa a domicilio in forma riservata per evitare gli sguardi di commiserazione di molte persone. Così come a mio parere si dovrebbe controllare che ad avere questo aiuto sia chi effettivamente ne ha bisogno, perché io vedo in fila con me gente che mi risulta abbia il posto di lavoro e per giunta magari ritira un pacco alimentare anche alla Caritas. Dopodiche, tenete presente che il prossimo pacco ci hanno detto che lo prenderemo il 20 settembre. Dunque passerà un altro mese e mezzo prima di ricevere altri generi alimentari. In famiglia siamo 5 persone: io, mia moglie e tre figli. Vi dico più o meno cosa c’era nel pacco che mi hanno consegnato qualche giorno fa: 4 buste di latte da un litro, 1 bottiglia di olio per friggere, 4 scatole di pelati, 6 scatole di fagioli, 1 scatoletta di tonno, 1 pezzo di formaggio da 200 grammi, 1 busta di biscotti da 200 grammi, 2 pacchi di merendine, 1 barattolo di marmellata, 1 chilo di riso, 4 polaretti e 13 chili di pasta. Ditemi voi, sinceramente: ad una famiglia di cinque persone può bastare questa quantità di cibo per un mese e mezzo? Dovremmo mangiare solo pasta, che peraltro è di qualità molto scadente, visto che come la cuoci diventa una colla. Per non parlare della marmellata, che è così liquida da assomigliare ad un succo di frutta. Pensate –prosegue il disoccupato in questione- che il mese scorso il formaggio, con questo caldo, ci è stato dato anche a temperatura ambiente ed era immangiabile, tanto è vero che ora hanno provveduto a refrigerarlo ma probabilmente insieme alla pasta, visto che le buste con gli spaghetti erano praticamente gelate e si è fatta la condensa all’interno. E’ vero che per sopravvivere un minimo di nutrimento è indispensabile, ma chi ha una dignità non può accettare cose del genere. Lo chiedo a nome mio e di tutte le persone che la pensano come me ma non hanno nemmeno più la forza di lamentarsi: invece di questa forma di elemosina che non risolve i nostri problemi, perché il Comune non ci aiuta a trovare un lavoro? Molti politici di Pozzuoli hanno tantissime conoscenze nel mondo delle imprese o sono essi stessi imprenditori: se volessero, a queste 250 famiglie di disperati del Banco Alimentare, potrebbero offrire la possibilità di avere un reddito mensile e di recuperare la dignità perduta. Perché non ci sostengono così invece di sottoporci a questo calvario mensile?”.
Uno sfogo umanamente comprensibile, che “Pozzuoli21” gira alle cosiddette “stanze dei bottoni”.
Perché non sempre vale il proverbio secondo cui “a caval donato non si guarda in bocca”…